La apparentemente grande effervescenza parlamentare di questi giorni è poco più di un segno dei tempi. Non deriva da una qualche riflessione approfondita su quali dovrebbero essere i rapporti fra governo e parlamento ai tempi del Covid che non è sparito, su come migliorare la qualità delle leggi e, per entrare nell’attualità, con quali criteri chiedere e distribuire gli ingenti fondi che la Commissione Europea ha assegnato all’Italia e quale posizione prendere sul referendum che intende bocciare la riduzione di un terzo del numero dei parlamentari. Di tanto in tanto persino i Presidenti delle Camere, ieri, la Presidente del Senato, lamentano la perdita di un potere che nessun Parlamento nelle democrazie parlamentari ha mai avuto: quello di fare, ovvero iniziare, le leggi e condurle fino all’approvazione. Per metterci subito su un terreno solido, in qualsiasi modo si giungerà all’elaborazione dei piani che l’Europa vuole per darci i fondi per la ripresa, sarà il governo, saranno i Ministri a scrivere i disegni di legge che preciseranno che cosa e quanto, a chi e in che modo verrà dato. Che non significa affatto “perdita di potere” del Parlamento e neppure dei singoli parlamentari, se sono competenti e preparati. Anzi, proprio valutando e controllando quanto il governo avrà inviato alle Commissioni parlamentari, deputati e senatori svolgeranno un compito di grande utilità, insostituibile. Naturalmente, dovrebbero farlo con rapidità, “presto e bene”, senza meline e ostruzionismi.
Chi si lamenta dell’eccesso di decreti legge con l’approvazione ottenuta dal governo a colpi di fiducia, fenomeno che dura da almeno quarant’anni, dovrebbe sapere che, qualche volta l’inadempienza è del governo, lento e pasticcione. Spesso, però, sono i ritardi dei parlamentari, i loro conflitti, i loro tentativi di strappare favori e risorse che obbligano il governo a decretare d’urgenza. Proprio per questa inarrestabile tendenza di non pochi parlamentari singoli, ma anche di alcune correnti di partiti non proprio coesi, affidare la progettazione “europea” ad una commissione bicamerale mi parrebbe un’operazione sostanzialmente rischiosa. Produrrebbe testi influenzati anche dalle lobby con i quali partiti e correnti intrattengono rapporti delicati di scambio: decisioni prese per ottenere aiuto nelle campagne elettorali. Sono scambi ai quali un governo avrebbe/ha maggiore forza per resistere anche poiché sa collocare i progetti in una prospettiva più ampia e più coerente. Non è possibile dire quanto complesso e impegnativo sarà il lavoro da fare per soddisfare i legittimi criteri stabiliti dall’Europa, ma, sicuramente, non è possibile pensare che meno parlamentari ci saranno più spedito e più efficace arriverà l’esito. Comunque, che i singoli parlamentari trovino anche un po’ di tempo per chiarire agli elettori perché sono pro o contro la riduzione del loro numero e come migliorerà o peggiorerà la rappresentanza politica è l’esame autunnale al quale nessuno dovrebbe sottrarsi.
Pubblicato AGL il 30 luglio 2020