Fuori dall’ipocrisia generalizzata: in qualsiasi caso di rapimento e di sequestri di persona, nazionali e internazionali, gli Stati si trovano di fronte a scelte difficilissime. Per lo più, scelgono, opportunamente, di salvare la vita dei loro cittadini. Quindi, è giusto rallegrarsi che i pescatori di Mazara del Vallo siano tornati a casa dopo una evidente trattativa con il Gen. Haftar. Le pressioni diplomatiche con chi non è neppure un capo di Stato non sarebbero state sufficienti. Non sappiamo, ma mi pare abbastanza probabile, se Haftar ha ottenuto dal governo italiano denaro o altre risorse. Non lo troverei comunque politicamente riprovevole. È sicuro che ha voluto puntellare il suo traballante prestigio mostrandosi generoso, ma soprattutto ottenendo dal Presidente del Consiglio Conte e dal Ministro degli Esteri Di Maio un bene intangibile, ma per lui importantissimo: il riconoscimento di essere un interlocutore.
Mi pare fuori luogo e fuori misura criticare il governo per questo riconoscimento. Chiunque voglia porre fine alla crisi e disintegrazione della Libia deve coinvolgere Haftar. Su un piano più generale, sono oramai molti i governi che hanno dovuto fare i conti con rapimenti e sequestri. Quasi tutti in quasi tutte le occasioni hanno deciso di trattare e di offrire qualcosa in cambio per la vita e la libertà dei loro cittadini. Pagare è spesso la scelta più semplice, ma deve essere effettuata nella maniera più riservata possibile. Se e quando i sequestratori, i pirati, i gruppi terroristi vengono a conoscenza della disponibilità di uno Stato a pagare si sentiranno incoraggiati ad agire di conseguenza. E, naturalmente, le autorità statali negheranno fino all’ultimo anche di fronte a prove irrefutabili delle quali neppure le varie comunità nazionali vogliono sentire parlare.
Sono stati numerosissimi i veli di silenzio che hanno coperto trattative svolte e pagamenti effettuati. Alcuni, pochissimi Stati talvolta non pagano e cercano di liberare i loro cittadini con operazioni di intelligence e, in ultima istanza, militari. Da un lato, abbiamo gli Stati Uniti che, in quanto superpotenza, non vuole essere umiliata, ma che ha dovuto imparare dal fallimento disastroso della loro operazione a Teheran nell’aprile 1980 iraniano, ad essere molto più cauta. Dall’altro lato, c’è Israele, una piccola potenza, con un servizio segreto, il Mossad, di straordinaria competenza, e con forze armate di pronto intervento che sanno che debbono sempre lottare per la sopravvivenza del loro Stato che nessun negoziato può garantire. Di qui discendono frequenti e spettacolari operazioni di salvataggio e di rappresaglia.
Non è e non può essere questa la strategia italiana. Non dobbiamo rammaricarci e neppure criticare i nostri governi perché trattano e negoziano. Forse dovremmo chiedere ai nostri concittadini, turisti e giornalisti, di non mettersi sconsideratamente nei guai. Non era questo il caso dei pescatori. Quindi, fine delle polemiche politicizzate e bentornati a casa.
Pubblicato AGL il 19 dicembre 2020