Chini sulle carte che hanno ricevuto dai loro rappresentanti nella Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, i circa ottantamila attivisti del Movimento 5 Stelle le dedicano la domenica a leggerle attentamente per decidere come dovranno votare i loro rappresentanti. Il primo punto da fermare è che non è in gioco una sentenza né di assoluzione né di condanna del Ministro. Molto più semplicemente, ma è importante ripeterlo ancora e sempre, si tratta di stabilire se concedere al Tribunale dei Ministri di Catania di processare il Ministro Salvini. Nel processo, il Ministro avrà modo di spiegare fino in fondo il senso dei suoi comportamenti riguardo la nave Diciotti e i migranti a bordo, del cui sequestro di persona è accusato. Potrà altresì chiarire che stava agendo per preminenti interessi nazionali e quali erano/sono questi interessi nazionali. Se assolto, evento del tutto possibile, conseguirà la legittimazione a proseguire nei suoi comportamenti inflessibili. Gli attivisti delle Cinque Stelle potrebbero anche giungere alla conclusione di negare al Tribunale dei Ministri l’autorizzazione a processare Salvini poiché sono convinti dell’esistenza di una persecuzione nei suoi confronti (fumus persecutionis). Sarà comunque importante sapere quanti attivisti voteranno e quale sarà la distribuzione dei voti. Qui, però, dobbiamo riflettere sul significato di questo voto. Da un lato, il capo politico del Movimento Cinque Stelle Di Maio sottrae l’esercizio libero e informato del voto ai suoi senatori nella giunta e lo conferisce ad una platea di attivisti non sappiamo quanto rappresentativi dei circa dieci milioni di elettori del marzo 2018. Dunque, non siamo di fronte ad una situazione di democrazia diretta attraverso la quale gli elettori fanno sentire e pesare la loro voce. Certamente, viene brutalmente sfigurata la democrazia rappresentativa. Fa la sua comparsa surrettizia e anticostituzionale il “vincolo di mandato”. Gli eletti vengono privati del loro potere di decidere e diventano semplice tramite di decisioni prese altrove senza nessuna garanzia di maggiori conoscenze, superiori competenze, migliore rappresentatività da parte dei decisori, cioè gli attivisti che voteranno. I senatori ridotti al ruolo di passacarte saranno sollevati da qualsiasi responsabilità non avendo esercitato nessuna autonomia. In Giunta non dovranno argomentare il loro voto né sarà necessario spiegarlo ai milioni di elettori delle Cinque Stelle e, più in generale, come avviene nelle democrazie, all’opinione pubblica. Nel migliore dei casi, mettendoci molta buona volontà e auto-illudendoci, questo voto sarebbe un esempio di “democrazia degli attivisti”. Non può essere spacciato come una modalità di democrazia diretta, ma sicuramente è uno sbrego alla democrazia rappresentativa. Per chi vuole provare che il Parlamento è destinato ad essere considerato inutile asservire i parlamentari a decisioni prese dall’esterno è certamente un grande passo avanti.
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D’altra parte, in una prospettiva di governo basata su un contratto (ma Rousseau non c’entra) che ci sta a fare il Parlamento?