Finora il sindaco Merola ha persino troppo disciplinatamente seguito il consiglio del suo ex-spin doctor Andrea Ruggeri: “scontentare qualcuno e non essere in linea con tutti”. Ha scontentato molti, ma si è rapidamente e acrobaticamente messo in linea con uno, Matteo Renzi. Sembra che questo sia l’allineamento che conta, Magari non serve alla manutenzione della città, ma è utilissimo al mantenimento della carica di sindaco. Infatti, il neo-eletto segretario del Partito di Bologna (partito la cui esistenza curiosamente sfugge a Ruggeri) ha già fatto il suo prematuro endorsement per affidare a Merola un secondo mandato nella primavera del 2016. Di bilancio complessivo, magari mettendo a raffronto le promesse con le realizzazioni, non se ne parla. Eppure, a livello nazionale, il capo del governo e del Partito, appunto, della Nazione promette e sostiene di fare una riforma al mese. Per adesso siamo ad una riforma all’anno, ma il sindaco ha già svolto quattro anni di mandato e qualche riforma in più potrebbe averla fatta oppure, almeno, vantarla. Forte di uno statuto che chiede all’eventuale sfidante del sindaco in carica di presentare le firme del 35 per cento dei componenti dell’Assemblea cittadina del PD, il segretario Critelli ha buon gioco. Personalmente, conosco anche il trucco: bisogna raccogliere le firme di persone delle quali non è possibile avere l’indirizzario. Voilà: sistemati gli insoddisfatti, gli ambiziosi, coloro che vorrebbero interloquire con gli elettori bolognesi perché le primarie servono anche a questo: parlare, ascoltare, confrontarsi, discutere con i cittadini. Persino Merola ha capito che almeno un giro nella città deve farlo e ha organizzato cento incontri, sicuramente protetti, a cominciare dalla Casa del Gufo (immagino quello buono che guarderà pacatamente e scetticamente, in silenzio). Poiché è nel conflitto che nascono le innovazioni, che circolano le idee, che si manifestano le proposte e, udite udite, talvolta si riesce addirittura a individuare e a misurare la leadership, possiamo già “stare sereni”. Nulla di tutto questo disturberà la primavera 2016 dei bolognesi. Tranquillissimo e, quindi, collusivo è il centro-destra cittadini. Qualcuno dice che dà per scontato di perdere, ma anche se fosse così potrebbe cercare di costruire una candidatura in grado di guadagnare visibilità, di entrare in Consiglio comunale come capo dell’opposizione, di costruire l’alternativa nei prossimi cinque anni. Sembra che in Europa non siano pochi i partiti che sanno giocare al gioco della politica democratica e competitiva. Questa politica non abita (qui sono perplesso se scrivere o no”non abita più”, ma forse non c’è mai stata tranne nel 1999) a Bologna. Azzardo che proprio la latitanza di una politica di conflitto di idee e di persone (come fu nel 1956 fra Dozza e Dossetti: una campagna elettorale non da rottamare, ma come fu anche fra Imbeni e Andreatta) spiega il leggero, ma finora non contrastato, declino della città.
Pubblicato il 3 aprile 2015