I numeri della Festa delle Cinque Stelle a Imola, non molto alti, ma neppure deludenti, dicono soltanto una parte della storia. Riconosciuto a Gianroberto Casaleggio il ruolo di guru, Grillo s’è messo un po’ più su: elevato. Però, l’aspetto più importante è che, sostanzialmente, Grillo ha preannunciato che sta facendo qualche passo indietro. La sua figura e la sua leadership sono, deve essersene reso conto, da un lato, molto ingombranti, dall’altro, rischiano di rivelarsi un ostacolo sulla strada dell’avvento al governo. Sbagliando, Grillo ha detto che “governare” è una brutta parola e che lui preferisce “gestire” (gesticolare?), in italiano certamente una parola peggiore e fuorviante. La “voce dal sen sfuggita…” comunica che un MoVimento nato per protestare e contestare si trova alla svolta della vita. Infatti, la manifestazione delle Cinque Stelle a Imola ha acquisito una valenza di governo, inevitabile in una fase nella quale i sondaggi tutti concordi collocano il MoVimento al secondo posto nelle preferenze degli elettori. Questo significa che le Cinque Stelle andrebbero al ballottaggio con il Partito Democratico tant’è vero che gli artefici e i complici della brutta legge Italicum stanno già pensando a come rabberciarla prevedendo l’attribuzione del premio di maggioranza non più a una lista, ma a una coalizione. Inoltre, a Roma (e sui treni per il rientro in Toscana) c’è chi si arrovella su quale stratagemma congegnare per non indire le elezioni nella capitale in contemporanea con la tornata amministrativa di altre città in ordine d’importanza: Milano, Napoli, Torino, Bologna. L’election day fa risparmiare soldi, ma è giustamente percepito come molto pericoloso nel caso romano. Sulla capitale, i suoi scandali, le sue reti clientelari e affaristiche, le sue pesanti collusioni trasversali il Movimento Cinque Stelle punta con molte buone ragioni e molte frecce al suo arco tranne una: la presenza chiara di un’efficace candidatura a sindaco (problema che dovrà essere risolto, a suo tempo, anche per arrivare a Palazzo Chigi). Non ultima, c’è anche Bologna. Il vento del rinnovamento proprio non soffia in città. Semmai parecchi si muovono come banderuole, in particolare fra gli assessori che vengono licenziati oppure “licenziano” affermazioni sulle occupazioni, sull’ordine pubblico, sulla giustizia, che sarebbero molto discutibili se non fosse preferibile non discuterle per niente. Qui la sfida al sindaco uscente, con riluttanza ricandidato e, vedremo quanto, appoggiato dal suo partito, si presenta, grazie al ballottaggio, possibile. Tra non molto sapremo se Imola potrà essere considerata la Bad Godesberg, dove nel 1959 i socialdemocratici tedeschi si candidarono con un programma che abbandonava le rigidità del passato, delle Cinque Stelle.
Pubblicato il 20 ottobre 2015