Il voto della maggioranza dei senatori che hanno impedito la decadenza dalla carica del collega Augusto Minzolini, componente del gruppo parlamentare di Forza Italia, non deve essere derubricato ad un qualsiasi episodio di omertà a buon rendere. Non è stato soltanto la ripetizione di un fenomeno che viene da lontano e un segnale di quello che può ancora succedere in questa legislatura. Più o meno consapevolmente, con il loro voto, contorto quanto si vuole – favorevoli, contrari, assenti, usciti dall’aula-, i senatori hanno mandato un messaggio terribile, purtroppo non rilevato e non stigmatizzato da giornalisti e commentatori. Quando incappano nelle maglie della giustizia, i politici per lo più procedono a una sequela di frasi fatte tanto retoriche quanto ipocrite. Per loro, la giustizia è sempre a orologeria poiché cerca di influenzare l’andamento della politica. Nessuno che dica che la politica ha tempi non prevedibili cosicché i magistrati dovrebbero avere poteri quasi magici per arrivare puntuali. Poi, a seconda dei casi, i politici annunciano che gli “avvisati di garanzia” e gli indagati sono innocenti fino alla condanna, cosa che non dovrebbe automaticamente significare che possono restare nella loro carica come se non fosse successo niente. Non c’è da stupirsi se i rari casi in cui gli inquisiti si sono dimessi vengono ricordati da tutti. Segue, naturalmente, la solenne dichiarazione di fiducia nella giustizia. La conclusione consiste nell’unanime invito alla magistratura a fare il suo corso. Quando, però, come in questo caso, la condanna di Minzolini per “peculato continuato” è definitiva, troppi parlamentari s’affannano a non darle seguito.
Secondo la legge che porta il nome di Paola Severino, competente ministro della Giustizia del governo Monti, il condannato in via definitiva decade, com’è già avvenuto con Silvio Berlusconi, dalla sua carica. I Senatori avrebbero semplicemente dovuto rispettare e ratificare quanto deciso dai giudici. Il loro voto di salvataggio ha una valenza grave e implicazioni preoccupanti. In estrema sintesi, un certo numero di rappresentanti del popolo ha deciso che le leggi della Repubblica possono essere disattese e che il loro voto deve contare più delle sentenze emesse dai tribunali italiani. Invece, le leggi debbono essere pienamente osservate e rigorosamente applicate. Qualora i parlamentari ritengano che una legge sia sbagliata, pericolosa, controproducente, essi hanno non soltanto il potere, ma il dovere di cambiarla, se non, addirittura di abolirla, mai di disattenderla né di violarla, nella lettera e nello spirito.
Con il loro voto i senatori “assolutori” di Minzolini hanno anche comunicato qualcosa che ha regolarmente fatto parte del bagaglio di espressioni e valutazione di Berlusconi. Il voto degli eletti dal popolo si colloca al di sopra delle leggi. Però, poiché la legge elettorale vigente nel 2013 contemplava liste bloccate (delle quali neppure la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum ha imposto l’abolizione), nessuno dei senatori è stato “eletto dal popolo”, tutti sono stati nominati dai capi dei loro partiti e a quei capipartito continuano a rispondere. I senatori hanno anche finito per dire che la magistratura deve essere subordinata alla politica e al parlamento, E’ un’affermazione chiaramente, totalmente, irrimediabilmente populista poiché, nelle democrazie, sono i cittadini e i parlamentari a essere subordinati alle leggi. Nel caso di reati, la magistratura ne valuta la sussistenza e procede a giudicare gli accusati proprio “in nome del popolo”. Ponendo il popolo che loro presumono di rappresentare al di sopra delle leggi, i senatori hanno introdotto il virus populista nel funzionamento e nei rapporti fra le istituzioni. Un brutto piano inclinato.
I compagni di merende hanno provveduto a tutelare il complice “erga omnes”!
Finchè la miglior elite del Paese, quella emarginata dalle istituzioni e costretta nelle piazzette a difendere i valori costituzionali e la Costituzione stessa, quella portatrice del rigore morale e culturale e dell’orientamento al bene comune, qualità indispensabili a trarre un grande paese fuori dalla palude della mediocrità, quella che potrà, per la sua storia, soddisfare la ricerca e l’attesa di affidabilità della Cittadinanza, finchè non si renderà disponibile ad accettare a URNE PIENE il mandato che tutto il popolo del 4/12 sarà entusiasta di affidarle, sia quello del NO che del SI’ perchè tutti vogliono buone riforme funzionali, questi salvataggi ed altre sconcezze continueranno.
Quando quella prestigiosa elite farà un passo avanti, oltre le analisi retrò e le vane denunce , per un progetto operativo efficace e spendibile in tempi contenuti, prima che il Paese, e la sua storia prestigiosa, venga inghiottito da una palude di mafie, di corruzione, di evasione fiscale, di giustizia mancata, di territorio che urla il suo bisogno di attenzione e cure, di diritti disattesi…e di condannati salvati dalla pena ignorando la legge e l’articolo 54 della Costituzione?
Quando? Quando?
Paolo Barbieri