Quello che succede nel Partito Democratico e nei suoi dintorni è oggettivamente importante per due ragioni. Prima ragione: anche se i dirigenti dem, a partire dal suo segretario, fanno di tutto per smembrarlo, il PD è ancora, non si sa per quanto tempo, l’unico partito meritevole di questo nome nel sistema politico italiano. Il suo indebolimento si rifletterebbe/rifletterà negativamente su tutto il sistema. Seconda ragione: il PD è l’asse portante del governo presieduto da un suo esponente. Se le convulsioni del PD diventano gravi la caduta del governo è quasi certa. Dunque, prima il PD in qualche modo si riassesta, anche se ridimensionato, meglio sarà un po’ per tutti. Per l’eventuale riassestamento bisognerà aspettare almeno un paio di mesi. Usando una terminologia sbagliata, che non compare nello Statuto del partito, ma che è stata adottata da tutti gli operatori dei media, le procedure con le quali sarà eletto il prossimo segretario del PD vengono chiamate “primarie”. sbagliato. Grande innovazione politica, le primarie servono a consentire agli elettori di scegliere le candidature alle cariche elettive monocratiche, di governo o di rappresentanza: negli USA il Presidente della Repubblica, i Governatori degli Stati, Senatori e Rappresentanti; in Italia, i sindaci, i Presidenti delle Regioni, il Presidente del Consiglio.
L’elezione del segretario di un partito non è affatto una primaria. È una votazione aperta anche ai non iscritti per la scelta di quella specifica carica che finisce lì, per l’appunto con la vittoria di un candidato. Per quel che riguarda il PD, l’elezione potrebbe addirittura essere decisa, non da chi è andato a votare, ma, se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta, dall’Assemblea dei delegati, con una logica contraria al principio fondamentale delle primarie che consiste nell’attribuire il potere di scelta, senza nessuna mediazione, agli elettori. Allora, perché insistere, da parte anche degli stessi Democratici compresi, in un grave, imperdonabile errore terminologico
Seppure molto criticate dai giornalisti, le primarie, quelle vere, sono comunque uno strumento di democrazia che sposta potere dalle élite partitiche ai cittadini, che potranno compiere una delle operazioni politiche più importanti: selezionare le candidature, eventualmente anche per il Parlamento. Persino Grillo lanciò, seppur malamente, le primarie per le candidature del Movimento Cinque Stelle al parlamento, chiamandole “parlamentarie” e scimmiottando il PD che le aveva fatte in maniera non proprio limpidissima. Dal 2005 a oggi il PD ha tenuto quasi mille primarie, delle quali appena una decina contestate, in quasi tutta Italia. Contrariamente a quel che si dice, i candidati del PD hanno vinto tra il 75 e l’80 per cento dei casi e una percentuale simile ha poi vinto anche la carica in gioco.
L’idea-obiettivo di coinvolgere molte centinaia di migliaia di cittadini nella selezione delle candidature è apprezzabile in special modo in Italia dove i partiti e anche i non-partiti sono tutt’altro che associazioni democratiche, come avrebbero voluto i Costituenti che scrissero l’art. 49. Chiamare primarie l’elezione del segretario del Partito Democratico è un omaggio alle primarie “vere”, ma serve soprattutto a dare maggiore legittimità a un procedimento che, invece, è ancora fortemente controllato dai dirigenti. Aprire le votazioni a tutti coloro che dichiareranno di voler sostenere il programma del PD e verseranno due euro e consentire due mesi di campagna elettorale, indispensabili a Michele Emiliano e Andrea Orlando, gli sfidanti di Renzi, per fare circolare le loro idee, sono decisioni che garantiscono una competizione non troppo squilibrata a favore del segretario dimissionario. Adesso è auspicabile che tutti i candidati, ex-segretario compreso, spieghino come desiderano ristrutturare il Partito Democratico, non le politiche che attuerebbero come capi del governo. Lo faranno dopo lo scioglimento del Parlamento, alla conclusione naturale di questa legislatura. Sarebbe molto grave se il primo atto politico del prossimo segretario del PD fosse quello di dare una fulminea spallata contro il governo del PD per ragioni egoistiche di carriera.
Pubblicato AGL 27 febbraio 2017