Decidere come investire 209 miliardi di Euro in pochi anni su attività precisamente definite nell’ambito di settori chiaramente indicati dalla Commissione Europea: digitalizzazione e innovazione; economia verde; coesione sociale e parità di genere; istruzione e ricerca; e infrastrutture, è il problema. Per politici e burocrati italiani che non si sono mai distinti per la capacità di usare al meglio i fondi pubblici in tempi stretti, questa mole di investimenti necessari a fare ripartire il paese per dare un futuro alla prossima generazione di italiani (e di europei): Next GenerationEU è il nome del programma, è un problema enorme. Il Presidente del Consiglio Conte ha pensato di risolverlo attraverso una struttura complessa, la “cabina di regia fatta di sei manager e circa trecento collaboratori che rispondano ad alcuni pochi ministri, in particolare, quello dell’Economia, Roberto Gualtieri (PD) e dello Sviluppo Stefano Patuanelli (5 Stelle) e, naturalmente, a lui stesso, con il coordinamento del Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola (PD). È stato sommerso di critiche e la definizione di chi saranno i partecipanti e di chi avrà il potere di decidere è tornata in alto mare.
L’accusa rivolta a Conte di avere accentrato tutto/troppo nelle sue mani ha qualche fondamento. Deriva dalla sfiducia del Presidente del Consiglio (e non solo) nella burocrazia italiana, sfiducia largamente diffusa, ma, forse, non del tutto fondata. Comunque, i burocrati, in particolare, i dirigenti di livello medio-alto, non potranno essere totalmente esclusi dall’attuazione, quindi, meglio che siano coinvolti già nella fase di progettazione. Inoltre, questa potrebbe essere anche l’occasione sia di modernizzazione della burocrazia italiana sia di valutazione e valorizzazione delle competenze che, a mio parere, sono molte anche se disegualmente diffuse. L’altra accusa rivolta a Conte è di avere proceduto senza previe consultazioni.
Si lamentano gli imprenditori. Protestano i sindacati. Rivendicano un ruolo gli enti locali e le regioni. Vi si è aggiunto anche il Sen. Renzi contraddicendo in maniera plateale la strategia della disintermediazione da lui praticata quando era a Palazzo Chigi. In verità, l’oggetto più corposo del contendere riguarda l’assegnazione dei fondi. I critici di Conte temono che il Presidente del Consiglio ne approfitti per ricompensare i vecchi amici e farsene di nuovi, utili per il prosieguo della sua carriera politica. Senza necessariamente sostenere Conte, alcuni obiettano che il coinvolgimento dei capi partito comporterebbe rischi di spartizione secondo criteri che non hanno nulla a che vedere con sane prassi di efficienza e di produttività. Conte ha già in parte accettato l’idea della presenza di qualche altro ministro. Per il resto, sia il controllo degli investimenti sia la valutazione degli esiti, debbono rispondere a due criteri: la trasparenza delle procedure e l’approvazione da parte del Parlamento. Auguri.
Pubblicato AGL 11 dicembre 2020