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Separati in casa. Cinque Stelle e PD dopo il voto @Mov5Stelle @pdnetwork @domanigiornale

Sfide immaginarie e reali, alleanze più o meno organiche da costruire, personalismi di vario genere, consensi elettorali che vengono e più spesso vanno (via), elettori volubili e volatili. In attesa di nuove, indispensabili regole elettorali e istituzionali, questo è il panorama politico italiano. Lo si vede sia sul versante del centro-destra sia su quello del centro-sinistra e, se diamo ragione (una volta tanto…) a Di Maio, sull’evoluzione(-declino, ma non “disfatta storica”, come sentenzia Di Battista) dei Cinque Stelle, sulla persistenza di un terzo polo, piccolo, ma non irrilevante, talvolta potenzialmente decisivo. Quello che è sicuro è la ridefinizione dei rapporti di forza elettorali in entrambi gli schieramenti nonché per il polo del Movimento 5 Stelle. La ridefinizione continuerà fintantoché il sistema partitico rimarrà destrutturato, vale a dire per un periodo di tempo indefinito. Naturalmente, anche la scelta della nuova legge elettorale inciderà su una eventuale, difficile, ristrutturazione. Chi vuole “la proporzionale” deve essere avvisato. Qualsiasi variante di proporzionale ha poco da contribuire per configurare un sistema di partiti caratterizzato da coesione. Anzi, la proporzionale, mai punitiva nei confronti degli scissionisti, contribuisce alla frammentazione dei partiti. Scherzando, ma non troppo, potrei dire che la proporzionale faciliterà la comparsa di una lista Di Battista obbligando il pasionario dei pentastellati a contarsi.

L’esito elettorale-politico delle elezioni regionali contiene qualche insegnamento non banale per chi, come Zingaretti e, prima di lui, Dario Franceschini, desideri la costruzione di un’alleanza “organica” con il Movimento 5 Stelle. A livello locale aderenti e elettori dei pentastellati non hanno dimostrato grande propensione a favorire e premiare una simile alleanza. Anzi, i flussi elettorali suggeriscono che i pentaelettori si disperdono in una pluralità di direzioni, andando in misura limitata a sostenere i candidati del Partito Democratico. Più interessante e più rilevatore sarà il comportamento degli elettori del Movimento al ballottaggio in alcuni comuni, ma anche il comportamento degli elettori del PD quando al ballottaggio è passato un candidato dei Cinque Stelle.

Ė più che ragionevole pensare che prima di procedere dall’alto a dichiarare l’assoluta indispensabilità di un’alleanza organica fra Cinque Stelle e Partito Democratico, i proponenti, fra i quali sembra si collochi anche Di Maio, dovrebbero cominciare valutando il sentiment (è da tempo che volevo usare questa parola!) prevalente a livello locale. Dovrebbero incentivare incontri e forme di collaborazione, facendo leva sui temi propri a quei livelli e sulle persone giuste, quelle maggiormente in grado di rapportarsi fra loro e con l’elettorato.

Al momento, quello che si vede sul territorio è un insieme di “macchie” del più vario tipo, dovute in misura maggiore alla notevole diversificazione di opinioni, di aspettative, di preferenze dell’elettorato pentastellato. Per di più, a livello locale possono giocare negativamente molte animosità, sociali e politiche, pregresse, superabili soltanto con il tempo e con l’individuazione di obiettivi comuni. Sarebbe sicuramente sbagliato accelerare il processo di riavvicinamento che deve maturare e condurre a condividere elementi significativi di una cultura politica di governo. La fusione a freddo che diede vita al PD è l’esempio assolutamente da non ripetere.

Nella prospettiva che ritengo sia praticabile e produttiva, il governo Conte è un protagonista essenziale. La sua durata offre il tempo da utilizzare a livello locale. Le sue politiche condivise sono la garanzia che la collaborazione produce frutti, a cominciare da quanto già ottenuto a livello europeo che non sarebbe stato possibile per nessun governo Salvini/Meloni, e viceversa. Una legge elettorale proporzionale che entrambi gli alleati di governo hanno dichiarato di volere è disfunzionale rispetto all’obiettivo di una collaborazione più stretta. Infatti, porrebbe Cinque Stelle e Partito Democratico in inevitabile competizione. Un buon sistema elettorale maggioritario a doppio turno in collegi uninominali come in Francia darebbe molti incentivi agli elettori di entrambi a convergere in particolare per sconfiggere i candidati/e del più socialmente e politicamente omogeneo centro-destra. Solo nuove modalità di competizione politico-elettorali promettono di cambiare in meglio la struttura delle opportunità. Vale la pena rifletterci.

Pubblicato il 24 settembre 2020 su Domani


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