Le acrobatiche contorsioni in materia di Euro di Luigi Di Maio, candidato del Movimento Cinque Stelle alla Presidenza del Consiglio, riflettono, in parte la sua personale incultura economica e monetaria in parte le contraddizioni degli attivisti e dell’elettorato del Movimento. Indirettamente, suggeriscono anche che proprio l’Euro, se si vuole, ma sicuramente l’Unione Europea dovrebbero entrare più apertamente e potentemente nella campagna elettorale italiana. Anche il nuovo governo austriaco, popolari-liberali di destra, ha appena dato il suo contributo alla necessità di discutere dell’Unione e di che cosa significa per gli Stati-membri. L’idea del doppio passaporto per gli alto-atesini di “etnia-lingua” tedesca è provocatoria, nonché pessima. La risposta, però, consiste nel contrastarla con una controproposta più avanzata –già stata variamente ventilata, ma non sufficientemente sostenuta: tutti i cittadini degli Stati-membri dell’UE avranno un solo passaporto, quello Europeo. Già, grazie a Schengen, i cittadini degli Stati che vi hanno aderito, circolano liberamente. Già, gli europei hanno gli stessi diritti che possono fare valere anche contro i rispettivi Stati nazionali. Già diciannove Stati hanno la moneta comune. È persino logico che ottengano un unico passaporto. Quanto all’Euro, certo la moneta comune richiederebbe, ma, forse, sta per arrivare, un Ministro europeo dell’Economia. Esigerebbe maggiore coordinamento delle politiche fiscali campo sul quale, peraltro, la Commissione Europea è già molto attiva.
Di Maio e tutti coloro, Matteo Salvini e Giorgia Meloni inclusi, che vogliono “uscire” dall’Euro, dovrebbero chiarire in che cosa (ri)entreremmo: nella vecchia lira oppure faremmo, non sto scherzando più di tanto, un balzo nei Bitcoin? Tornare alla vecchia lira risolverebbe il problema economico più grande che l’Italia ha, vale a dire un debito pubblico pari al 136 per cento del Prodotto Interno Lordo? Sarebbe più facile con la lira pagare gli ingenti interessi per rifinanziarlo? Quale e quanta credibilità avrebbe la lira italiana sui mercati? Una delle più pesanti conseguenze del referendum britannico che ha portato alla Brexit è già stata il deprezzamento del 20 per cento del valore della sterlina, notoriamente una valuta molto, molto più forte della lira. Supponendo, comunque, che, oltre a votare “sì” personalmente al referendum sull’uscita dall’Euro, il capo del governo italiano Di Maio sia anche riuscito a convincere una maggioranza di italiani, questo esito lo rafforzerebbe quando andrà a Bruxelles a trattare i problemi dell’Unione Europea e dell’Italia e a proporre soluzioni innovative formulate dal Movimento Cinque Stelle oppure si troverebbe più isolato, forse addirittura marginalizzato? L’uscita dall’Euro potrebbe in qualche modo rafforzare i cosiddetti “sovranisti” italiani nelle due versioni, non incompatibili, ma neppure perfettamente sovrapponibili, della Lega di Salvini e dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Di che tipo è il “neo [o tardo] sovranismo” di Luigi Di Maio? Saranno quelli di Salvini e di Meloni i voti parlamentari che dovrebbero consentirgli di governare il paese? Mi riesce impossibile pensare come i problemi ai quali l’Unione Europea sta facendo fronte con non poche difficoltà, a cominciare da quello, che è destinato a durare, dei migranti, a continuare con il rilancio delle economie e con il contenimento/riduzione delle disuguaglianze, possano essere meglio affrontati e addirittura risolti dai singoli stati per conto loro, con le loro sole risorse. Il sovranismo mi sembra pericolosamente simile al “socialismo in un solo paese”. In un mondo globalizzato, le soluzioni a tutti i problemi rilevanti sono e saranno sovranazionali. Discutere come potenziare il grande progetto dell’unificazione politica dell’Europa renderebbe la campagna elettorale italiana un fecondo confronto di valutazioni e proposte.
Pubblicato AGL 21 dicembre 2017